|
Wu Ming, quattro cervelli ne fanno uno? - da L'AvvenireArticolo di Giuseppe Bonura apparso sul quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana in data 28 aprile 2007Alcuni anni fa un gruppo di sedicenti scrittori emiliani fu sedotto dal mito della fabbrichetta, così caro ai piccoli imprenditori del Nord Est. Ma invece di fabbricare camicie o scarpe, questo gruppo si mise in testa di fabbricare romanzi. Perché no? Dopo tutto anche i romanzi sono merce, si saranno detti i componenti del gruppo annuendo pensosamente. Volevano venderli in Italia ma anche, se possibile, all'estero. A tale scopo il gruppo si dotò di un nome straniero: Luther Blissett. Il primo romanzo che sfornarono si intitolava "Q" e basta. (Si vede che volevano ottenere il massimo guadagno col minimo titolo). Dunque, Luther Blissett non era uno scrittore (sedicente) ma un collettivo di quattro o cinque scriventi. (Alcuni dicono quattro, altri cinque). Pare che si divertissero un mondo. E ne avevano tutte le ragioni. Si divertono ancora. Prendono in giro la letteratura, gli editori, i lettori, i librai, i critici rimbambiti (l'Italia si sta americanizzando anche in questo) e soprattutto se stessi. Noi che non amiamo neanche gli scrittori bicefali (il duo Fruttero& Lucentini si salvava grazie al grande talento di Lucentini), figuriamoci se amiamo gli scrittori quadricefali. Anzi, possiamo dire che in letteratura, quattro cervelli messi insieme per scrivere un'opera fanno zero. Forse anche meno. Ma i giornali ne parlano, specie le riviste e i cosiddetti "magazine", dove imperversa la critica gazzettistica che vale quanto il due a briscola. Poi Luther Blissett ha cambiato nome. Da alcuni anni si fa chiamare Wu Ming, dato che i furbetti della paraletteratura si erano accorti che la Cina è vicina. Adesso sono in libreria con il romanzo Manituana, che racconta i primordi della fondazione degli Stati Uniti, con guerre atroci tra indiani, inglesi e francesi. 613 pagine di scalpi e di scotennamenti vari, con una gita nella Londra di Dickens. (E pare che il seguito sia su Internet). Linguisticamente è un'epopea di idiotismi. Per esempio «Il più agitato andava avanti e indietro». (E il meno agitato? Era una mummia, evidentemente). Poi c'è il verbo «vessare» che in una scena di violenza c'entra come i cavoli a merenda. I dialoghi, non ne parliamo. Ignoriamo come lavori Wu Ming. Essendo un quadricefalo, possiamo immaginare questo: il primo cervello propone un argomento. Il secondo si dedica alle ricerche di archivio. Il terzo consulta il vocabolario e il quarto scrive non credendo a una sola parola di quello che scrive. Il risultato è una macedonia di fumetti, vecchi film, spezzoni di fiction, sceneggiature ingiallite, elenchi telefonici stranieri, dipinti d'epoca e imitazioni di salgariani impazziti. Questa si chiama letteratura postmoderna (dicono gli intenditori di nulla). Ma se noi prendiamo un vero romanziere postmoderno, per esempio Doctorow, e lo confrontiamo con Wu Ming, ci accorgiamo subito che il primo è uno scrittore e il secondo un caso umano. Intendiamoci, noi abbiamo la massima comprensione per il quadricefalo Wu Ming. Chi ci fa veramente pena, sono i lettori deboli e indifesi. Il telefono rosa dovrebbe cercare di difenderli prima che sia troppo tardi. 28.04.07 · in recensioni |